Articolo

IL GIGI

27 Luglio 2016 / 10:00
0
0
1242
Scritto da Redazione Orobie
Articolo

IL GIGI

27 Luglio 2016/ 10:00
0
0
1242
Scritto da Redazione Orobie

«La sera prima della gara mi sentivo più o meno come un tuffatore bendato nel momento in cui sta per lanciarsi nel vuoto. Ci sarà acqua abbastanza là sotto, oppure no? La paura di non farcela a fare tutti quei chilometri era tantissima, anche perché io prima di iniziare ad allenarmi per il Gran Trail delle Orobie non avevo mai corso in vita mia. Mai, proprio. Ho iniziato praticamente da zero». Il Gigi la prima volta che l’ho incontrato aveva entusiasmo da vendere e un espressione da sognatore, due occhi neri e profondi che sembravano due buchi nel cartone. Parlava come un fiume in piena. Ci siamo visti un giorno nell’ufficio dove lavoro, dove abbiamo messo insieme un piccolo running team di amatori e lui ha chiesto di esserne parte: «Arruolato». «Non è un problema se non ho mai corso in vita mia?», «Forse è anche meglio», gli avevo risposto.

Ogni volta che veniva a trovarci in ufficio il Gigi era sempre più magro. Certe volte al lunedì ci arrivavano voci dei suoi allenamenti massacranti e rocamboleschi della domenica di 10 o di 11 ore in montagna, voci di mancamenti, di visite al pronto soccorso e di stanchezza estrema. A dire il vero eravamo anche un po’ preoccupati. Starà mica esagerando, il Gigi? «Una volta presa la decisione di partecipare alla Gto nell’arco di quindici giorni ho ridimensionato il mio stile alimentare e di vita. Ho iniziato ad allenarmi correndo prima su strada in pianura e poi sono passato ai sentieri in montagna, nel frattempo il mio peso è sceso da 62 chili a 55. Ho cominciato a correre regolarmente in salita facendo allenamenti fino a 45 chilometri con dislivelli da 450 a 2.900 metri. Quei chilometri lì prima, non li facevo nemmeno in bici».

Il giorno prima della partenza delle gara il Gigi è venuto e ha portato tre vassoi di pasticcini. Era tirato come una corda di violino ma al tempo stesso sereno e gentile, come sempre, però più misurato nelle parole. Meno loquace. Meno torrenziale. Forse era un po’ preoccupato. Così preoccupato che quel giorno lì dopo le chiacchiere sulle previsioni del tempo e sui parziali di gara previsti, se n’è andato via e ci siamo dimenticati dei pasticcini. Sono rimasti lì incartati sul tavolo.

«Certe volte quando andavo a dormire stavo lì a guardare il soffitto e a chiedermi cosa sarebbe successo se non avessi finito la gara. Tutto quel tempo rubato a mia moglie e a mia figlia, perché? Tutta quella fatica e quei soldi sprecati per l’attrezzatura, le giacche, gli zainetti, i bastoncini, gli integratori e tutta quella roba per poi magari ritornare a casa con la coda tra le gambe accompagnato da un coro di te-l’avevo-detto-io di parenti e colleghi».

E invece. E invece Luigi «il Gigi» Mostosi ha portato a termine la gara in 14 ore 19 minuti e 33 secondi. 277° classificato. Una soddisfazione grandissima per un esordiente: «Ce l’ho fatta. Solo adesso inizio a comprendere cosa è successo. Fatico a credere che quello che abbraccia sua figlia sul traguardo e che vedo nelle foto e nel filmato, quel nome che leggo in classifica nell’ordine di arrivo sono davvero io. Penso che a volte abbiamo veramente bisogno di perderci, di navigare alla cieca, di fermarci a prendere un bel respiro e di partire, di andare e di provare a percorrere tutta quella strada che non conosciamo e che è lunghissima, che sembra impossibile da fare. E che invece, basta volerlo, si può fare. Penso che bisogna sempre trovare del tempo per ricordarci chi siamo e fin dove possiamo arrivare, non importa facendo cosa. Qualsiasi cosa, una missione folle e apparentemente fuori portata». L’avventura è questo.

Emilio Previtali