Omo e Diavolo, un'altra perla orobica

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Altro giro altro regalo orobico… dopo qualche settimana che aspettiamo l’occasione buona per questa eccezionale escursione ecco che sabato siamo pronti.

Viste le temperature africane decidiamo di partire con il buio da Carona, ma il caldo è comunque forte e l’umidità alta ci fanno penare come non mai.

Arriviamo al Longo mentre il cielo si colora, breve pausa e poi su al Selletta dove ammiriamo i primi raggi che illuminano le vetta della zona.

Proseguiamo spediti fino alla Bocchetta di Podavit da dove ha davvero inizio questo viaggio nel cuore selvaggio delle Orobie.

Il meteo è ancora ottimo, anche se dalla Valseriana iniziano a salire un po’ di nuvole, quindi fiduciosi percorriamo la cengia detritica che ci permette di scollinare il Valtellina e di raggiungere, grazie ad una catena, il piccolo nevaio ai piedi del versante nord del diavolo. Il nevaio è in condizioni pietose ed emerge solo il ghiaccio scuro e duro che ci complicherà un po’ la vita. Indispensabili naturalmente i ramponi che, visto il tipo di ghiaccio, devono essere di quelli “cattivi” per evitare pericolose scivolate.

Attraversato il nevaio ci aspetta una ripida salita su sfasciumi e fango per poi mettere piede sulle prime rocce che, da un ripido canale, ci permettono di guadagnare quota. La roccia è sempre di pessima qualità quindi va posta la massima attenzione a tutto quello che si prende in mano. Salito il canalino aggiriamo l’anticima dell’Omo e poi percorriamo una salita su rocce levigate dal ghiaccio per giungere sulla cresta da cui, in breve, raggiungiamo la vetta. Purtroppo la nebbia è salita ed il panorama ci è in gran parte negato. Aspettiamo pazienti un’apertura che però non arriva e quindi ci mettiamo in cammino verso la seconda, e più ambiziosa, meta… Il Diavolo di Tenda.

Seguendo la cresta saliamo facilmente l’anticima dell’Omo da dove la vista della nord del Diavolo dovrebbe lasciare senza fiato, dico dovrebbe perché purtroppo a noi è riservata la nebbia che, solto a tratti, ci permette di ammirare questo spettacolo. Però i giochi di luce della nebbia con le rocce nere di queste zone rendono ancora più suggestivo questo viaggio…

La discesa alla bocchetta del Diavolo dalla Quota 2758, riconoscibile se la si guarda da Podavitt in quanto bicolore, avviene dal versante bergamasco utilizzando un canaletto molto delicato ed esposto (II° da non sottovalutare) dopodiché le successive due torri vanno aggirate dal lato valtellinese.

La prima torre si aggira facilmente su facile cengia… al contrario la seconda torre avviene per un passaggio delicato su terreno infido ed esposto.

Aggirata quest’ultima si entra in un canalino detritico culminante all’ultima breccia alla base del Diavolo di Tenda; per sicurezza abbiamo alzato il grado scalando la paretina alla sua sinistra meno marcia e quindi più sicura.

Un solco obliquo (II°+) porta sotto una particolare bastionata rossastra, che non va salita, e successivamente si oltrepassa uno stretto colatoio di roccia pessima.

Al termine del colatoio si passa un sassone precario adibito a lasciapassare per la seconda e più marcata incisione “a mò” di canalino/fessura che prende velocemente quota (II°+) e raggiunge la cresta Nord del Diavolo.

A questo punto il crinale procede divertente e con passi nel limite del II° si innesta nella via normale del Diavolo di Tenda.

Raggiungiamo la vetta dopo 7 ore e mezza di cammino, mentre il cielo ci regala un po’ di azzurro ed il meraviglioso panorama che ormai conosciamo. Ormai ce l’abbiamo fatta e siamo davvero contenti e soddisfatti! Ci godiamo i nostri meritati panini facendo la conoscenza di un gruppo di “giovinotti” (il più grande ha 76anni!!) che sono saliti dalla normale poi è tempo di rientrare per la normale fino al Passo Selletta.

Qui decidiamo di provare anche la cresta che in direzione sud porta sulla cima del Monte Sasso alternando comodi e panoramici passaggi a tratti esposti e delicati. Dalla vetta si gode di una visuale alternativa del Diavolo e di tutta la conca, ma la discesa sul lato opposto è da affrontare con la massima cautela perché esposta, ripida e perché si sviluppa tutta su erba infida. Raggiunto il palo dell’alta tensione seguiamo i grossi bolli fino a ritornare ai piedi del Lago del Diavolo e quindi al Longo dove un’ottima fetta di torta ed una bella birra fresca non possono mancare.

Dopo la pausa è tempo di rimettersi in cammino verso Carona, un’altra giornata è passata e le Orobie ci hanno regalato l’ennesima grande avventura nel loro cuore selvaggio vissuta alla grande!

Un grazie particolare a Ser59 perché con la sua traccia gps ci ha permesso di non perderci tra i meandri dell’Omo, ed a Maurizio Agazzi perché grazie alla sua relazione (di cui ho “rubato” qualche stralcio) ci ha permesso di individuare senza problemi i passaggi più delicati della lunga cresta!

Commenti

Marco Caccia 6 anni, 8 mesi

Ma no Mario, le imprese sono ben altre! Un bel viaggio nel cuore delle Orobie che non smettono di regalarci emozioni e nuovi spunti!

  • mariolu sonzogni 6 anni, 8 mesi

    grandi.... impresa alpinistica questa!!

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