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Valcalepio: in un libro, nascita e 40 anni di vita

21 Marzo 2018 / 06:25
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Valcalepio: in un libro, nascita e 40 anni di vita

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Quaranta e passa anni di Consorzio tutela Valcalepio sono raccontati in un libro, scritto a più mani, pubblicato in questi giorni di marzo 2018, dal titolo “Valcalepio ieri, oggi e domani”, libro voluto dai due ultimi presidenti dell’ente di tutela, Enrico Rota e Emanuele Medolago Albani.

Come ha scritto su “L’Eco di Bergamo” Roberto Vitali, si tratta di “oltre 300 pagine (testi in italiano e inglese, numerose foto) che danno una idea completa di come è nata e si è sviluppata in Bergamasca la viticoltura, arrivando in quattro decenni alla attuale posizione di rilievo sia per i risvolti economici che comporta sia per l’azione che svolge a salvaguardia dell’ambiente collinare a corona della città di Bergamo, tra l’Adda e l’Oglio”. Continua Vitali: “Una parte importante del volume è dedicata a personaggi (molti dei quali deceduti) a cui si deve la ricerca appassionata e disinteressata di trovare una via alla viticoltura bergamasca, una via che poteva garantire tipicità e futuro. Insomma, si trattava di individuare i vitigni da incentivare, i più adatti a questa terra orobica e che potevano avere il consenso maggiore da parte del pubblico”. In primis, il conte Nino Grumelli Pedrocca, presidente per lunghi anni della Cantina sociale bergamasca e dello stesso Consorzio, Bruno e Marco Marengoni, Carlo Zadra, Riccardo Guadalupi, direttore della Cantina sociale negli anni Sessanta, eccetera.

Interessante quanto scrive l’enologo Sergio Cantoni, a proposito della scelta, fatta 40 anni fa, dei vitigni Merlot e Cabernet per il Valcalepio rosso e Pinot Bianco e grigio per il Valcalepio bianco. Perché vitigni internazionali e non autoctoni? “Le scelte si basavano sulle conoscenze di allora, che non comprendevano vitigni autoctoni con caratteristiche considerate valide per il prodotto da presentare come bandiera del territorio sul mercato nazionale: pochi dei vitigni coltivati erano ritenuti validi e quei pochi portavano con sé tare a livello produttivo o colturale (…) Gli anni Settanta non avevano ancora visto la riscoperta del vitigno autoctono bergamasco per eccellenza, il Moscato di Scanzo, recuperato negli anni Ottanta (…) Certo esistevano altri vitigni autoctoni come gli Incroci Terzi ma presentavano problematiche colturali di sensibilità ad alcune crittogame che non ne favorivano la coltivazione”. Continua tuttavia Cantoni: “Oggi a Bergamo il vino si chiama Valcalepio tanto per i bergamaschi quanto per i turisti e sulle basi legislative attuali possiamo costruire la crescita di altre varietà che oggi incontrano un substrato favorevole in grado di aiutarle ad emergere e a crescere”. Oltre alla Docg Moscato di Scanzo e alla Doc Valcalepio qualche anno fa è stata istituita la Doc Terre del Colleoni “che si basa su un ventaglio di monovitigni che consentono di far emergere le varie anime produttive: l’Incrocio Manzoni 6.0.13, il Moscato giallo, l’Incrocio Terzi n.1, la Schiava, il Franconia e il Marzemino”.

E' invece il conte Grumelli ad evidenziare le differenze tra i viticoltori bresciani e bergamaschi: i primi più imprenditori prestati all’agricoltura, i secondi veri agricoltori che si occupano di tutte le fasi produttive e che hanno “la cultura di cosa è un tralcio di vite e cosa un vigneto”, che sanno “fare il vino sul serio”. C’è però anche il rovescio della medaglia a produrre in territori scomodi e difficili: “Questo ha impedito la nascita di una o più aziende particolarmente forti nel settore come avvenuto in Franciacorta”. E non si può non sottoscrivere quanto dice ancora il conte Grumelli dei suoi conterranei: capaci, caparbi ma anche “orsi che non vanno mai d’accordo con nessuno: non si mettono mai insieme, anche a rischio di essere autodistruttivi”. E rileva che “i nostri vini sono acquistati al 90% dai bergamaschi e sono ancora poco proposti da enoteche e ristoratori”. La situazione è un po’ migliorata negli ultimi anni, ma è vero quanto rilevato dal conte Grumelli e cioè che a snobbare i vini bergamaschi sono, talvolta se non spesso, gli stessi ristoratori bergamaschi.

Seguono molte altre significative testimonianze, quindi le pagine fotografiche sugli albori e gli “anni ruggenti” del Valcalepio, con il ricordo di quegli autentici “pionieri” oggi scomparsi, per arrivare agli eventi di oggi, dalla partecipazione dei produttori bergamaschi al Vinitaly al concorso internazionale “Emozioni dal mondo”, da “Bere Bergamo” ad “Andar per vigne”; quindi le pagine sulle varietà autoctone, per finire con quelle dedicate alle aziende del Valcalepio: Cà del Manét, Cantina Sociale Bergamasca, Bonaldi-Cascina del Bosco, Castello degli Angeli, Cavalli Faletti, Celinate, De Toma, Il Calepino, Il Castelletto, Il Cipresso, La Rovere, Locatelli Caffi, Lurani Cernuschi, Medolago Albani, Orsini Giuseppe, Quattroerre-Villa Domizia, Tallarini, Tenuta degli Angeli, La Tordela, Tosca, Cerri, Tenuta Maria. “Tutte storie – conclude Enrico Rota – di coraggio, di passione, di cocciutaggine e determinazione”. 

Nella foto da sinistra il direttore del Consorzio tutela Valcalepio Sergio Cantoni, la coautrice del libro Giuditta Bolognesi, il presidente del Consorzio Emanuele Medolago Albani e l'ex presidente Enrico Rota

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