Escursioni tra sentieri e laghi
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«Avrei potuto raggiungere la cima quel giorno, ma probabilmente non sarei tornato a casa. Tanti anni di professione di guida alpina ed elisoccorritore mi hanno insegnato tanto e forse bisogna imparare a pensare non solo a se stessi, ma anche agli altri che ci accompagnano nelle nostre avventure». È il post dell’alpinista valtellinese Marco Confortola, pubblicato ieri pomeriggio sui suoi canali social, per annunciare la rinuncia al Nanga Parbat in cui era impegnato. «Pace ragazzi – si legge ancora sotto il suo profilo –, va bene così. SPEDIZIONE FINITA, altra grande esperienza che mi ha insegnato nuovamente tanto. Complimenti alle tante persone che hanno raggiunto l’obiettivo, chi in un modo chi in un altro».
Sempre nel post si legge che Marco Confortola «ha inviato questo testo ieri mattina (giovedì, ndr), ma i suoi social sono tornati attivi solo questa mattina. Nel frattempo è già in discesa dal campo base verso Islamabad».
Ancora, scritto tutto in maiuscolo: «E SIA CHIARO UNA VOLTA PER TUTTE CHE NON È CIMA DEL NANGA (precisazione alle tante persone che scrivono la qualunque)». Per poi proseguire: «Avrei voluto mandarvi un video dal campo base del Nanga Parbat con un saluto, ma qui piove e c’è vento forte. Vorrei rispondere alle vostre mille domande sulla mia salita. Il giorno del tentativo di salita al Nanga sono partito da C3 e non ho acceso il mio telefono satellitare, ma solo il Garmin. E questo è stato un grande errore. Solitamente lo accendo per verificare gli ultimi messaggi di Silvia che mi allertano su cambiamenti o altro. In salita, in prossimità della vetta, man mano salivo, il vento aumentava: un vento gelido che si faceva sempre più pungente».
È mancato davvero poco, a Confortola. «Raggiunta la sommità della montagna – ricostruisce l’alpinista di Valfurva – ho razzolato per parecchi minuti alla ricerca delle bandiere nepalesi che indicano la vetta. La bufera di neve (arrivata poco dopo questo video) e il freddo mi hanno fatto desistere nel continuare e ho iniziato la discesa. È risaputo nel mondo dell’alpinismo himalayano che le condizioni meteorologiche al Nanga cambiano velocemente e devo dire “mia colpa”, perché mia moglie Silvia mi aveva avvisato dell’arrivo di vento forte in quota nel pomeriggio. Il mio passo di salita era ovviamente differente per chi ha raggiunto la cima con l’ossigeno. Purtroppo il mio ritmo non mi ha permesso di arrivare in zona vetta in mattinata e così il mio ritardo mi è costato parecchio».
Occasione sfumata, quindi. È Marco Confortola a proseguire nel racconto: «La stessa sera sono sceso a C3 e, una volta accesso il telefono satellitare, ho trovato i messaggi di Silvia della sera precedente che mi suggerivano di attendere ancora una notte perché il meteo sarebbe improvvisamente cambiato e il vento sarebbe stato troppo forte. Quando ho letto il suo messaggio “Marco non partire, aspetta una notte a C3, arriva vento fortissimo”, mi sono accorto d’aver fatto un grande errore di valutazione e in modo impetuoso, mi sono fatto prendere dalla fretta. Il giorno seguente ero così arrabbiato con me stesso che ho raggiunto il CB in velocità».
Un vero peccato perché, ammette l’alpinista, «mai come quest’anno stavo bene ed ero in ottima forma: salivo velocemente da un campo all’altro senza accusare troppo la fatica». E conclude: «Ora, a bocce ferme, sono sereno per quanto possa esserlo una persona che arriva a un passo dall’obiettivo e non riesce ad afferrarlo. Mi auguro d’avere sempre la lucidità di intuire, al minimo sentore di pericolo, di saper RINUNCIARE. Ora torno felice dai miei affetti, e non vedo l’ora di abbracciare il mio amore Silvia (con cazziatoni inclusi, ne ha tutte le ragioni) e riprendere le mie professioni di guida alpina e l’elisoccorso. Vi auguro ogni bene. Grazie per aver sofferto e gioito con me e ricordatevi che sapersi fermare è FONDAMEMTALE. Anche se sulla sommità della montagna nuda ci sono stato, non è stato sufficiente».
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